Tra pochi giorni saranno due anni che viviamo in questa situazione di pandemia.
Parole come emergenza, lockdown, isolamento, positivo e negativo, tampone e terapia intensiva sono diventate le più googolate nel web, le più utilizzate nelle nostre conversazioni. Che disastro.
Ogni giorno che passa le nostre ferite peggiorano sempre di più.
Una domanda però mi rimbomba nella testa: DAD …croce od opportunità?
Bambini, ragazzini e adolescenti segnati da questa pandemia. Genitori che non sanno come reagire. Chi l’avrebbe mai detto? Certo nel mondo ci sono le guerre, la povertà e disastri naturali ma da due anni c’è anche il Covid.
E poi penso a noi, alle famiglie con figli con disabilità e mi domando se la DAD sia mai stata analizzata e testata come metodologia di insegnamento. DAD & AUTISMO per esempio!
Giulia ha 9 anni ed è autistica, ma ad alto funzionamento. Giulia però ha due genitori molto presenti, insegnati molto attente e un team di esperti a supportarla.
Ma tutti gli altri?
Un’altra parola che abbiamo imparato a dire in questi mesi è appunto DAD: didattica a distanza.
Iniziata con i più grandi oggi è diffusa fino alla scuola materna.
Da una parte è un bene ovvio, trovo che sa fondamentale non lasciare soli bambini e ragazzi in una situazione così e la didattica e gli insegnati possono far sì che non si sentano persi, ma dall’altra è davvero una soluzione che va a incrinare equilibri e creare forti disagi.
Giulia ha iniziato la DAD in prima elementare (Febbraio – Marzo 2020).
All’improvviso ci siamo trovati chiusi in casa, io ero disperata invece lei era serena. Per un soggetto autistico, anche lieve, stare a casa è il massimo: stare tranquillo, in silenzio, poter fare i propri giochi senza confrontarsi con nessuno…un sogno!
Io ho visto anni di terapie svanire in un soffio.
Nel mentre io e mio marito eravamo sommersi dal lavoro in modalità smartworking come tutto il resto del mondo, Giulia passava il tempo davanti al tablet o a giocare da sola sul divano.
Non sapevamo da che parte girarci. Ma ho preso questo momento di crisi come un’opportunità.
Ho imparato a gestire meglio il tempo, ad organizzare tutto a fare un’agenda della giornata come per anni la facevamo per Giulia.
Ho trovato il modo di poter seguire meglio Giulia, di starle accanto durante la DAD e così ho avuto il privilegio di vedere mia figlia crescere, lottare, imparare e migliorare.
La mia Giulia è una campionessa.
Siamo fortunati perché nonostante tutto lei è forte ed è ad alto funzionamento.
I mesi e i giorni sono passati…l’anno seguente, in seconda elementare, ci siamo ritrovati ancora in DAD. Giulia era più grande, ma anche i programmi scolastici erano più complessi.
Io sempre in smartworking e con una situazione difficile al lavoro.
La seconda elementare è stata molto più complessa, ma ogni tanto, nonostante la DAD, con la maestra di sostegno siamo riusciti a portare Giulia a scuola per la didattica in presenza.
Nelle ore in DAD, spesso nei momenti di relax i bimbi giocano e parlano tra di loro… ma Giulia non riesce ad interagire, è distratta o tatticamente decide che deve andare in bagno o a fare una cosa per non far vedere il suo disagio. Ma anche lei cresce e timidamente ogni tanto prova ad interagire con qualcuno, ma spesso senza successo. Grazie a qualche mamma e qualche compagna/a riusciamo a fare qualche giochino e ad avere dei momenti di scambio… loro sono i nostri angeli custodi.
Finisce l’anno scolastico, in presenza per fortuna. Vinciamo la paura e iscriviamo Giulia al campo estivo…per noi è stata la SVOLTA.
Giulia si diverte, cresce e impara ad interagire.
Io sono felice, vedere lei così mi fa sperare in futuro più in discesa.
Vacanze, avventure, mare e relax….e Giulia cresce.
Iniziamo la terza elementare, tutti dicono che sarà l’anno più difficile.
A scuola inizieranno a studiare…io e mio marito dovremo mettere in campo nuove strategie.
L’inizio dell’anno è sempre complesso: la logopedista non c’è più dobbiamo trovarne un’altra, i terapisti del centro cambiano, il corso in piscina non si sa se riprenderà e il covid è smpre pronto a rovinare le nostre vite.
Galleggiamo fino a Natale (e siamo strafortunati), riusciamo anche ad andare via a trovare una mia cara amica che vive in Spagna. Per Giulia è subito tutto naturale e facile: valigie, aereo e via libera per una settima catapultata in una vita diversa.
Vederla così ci riempie il cuore.
Rientriamo e dopo solo 5 giorni di scuola fioccano i primi positivi.
Si torna in DAD.
Si si torna in DAD, ma siamo in terza elementare.
L’ansia è a mille, io e mio marito sommersi di lavoro. Bisognerà riorganizzare tutto.
Ma lei è cresciuta.
Ma lei ci stupisce, ancora una volta.
Ma lei se la cava.
Riesce a seguire abbastanza le lezioni, ma ascoltandola mi rendo conto che il gap con i suoi compagni sta aumentando in maniera esponenziale. A Giulia manca la proprietà di linguaggio, lo è brava fa il massimo, ma vederla così…ci fa male!
Anche a questo giro di DAD ho avuto l’opportunità di starle accanto e capire come devo impostare la sua attività per facilitarle l’apprendimento.
Lato socializzazione invece è andata molto meglio: Giulia voleva collegarsi prima per vedere i compagni e fare due parole con loro. Il momento dell’intervallo invece sempre un disastro perché non vedeva l’ora di scollegarsi per riposarsi.
Per lei è davvero difficile.
Per lei è davvero difficile perché concentra tutte le sue energie per apparire tranquilla, attenta e pronta durante le ore di lezione, ma poi si deve riposare.
Per lei ogni giorno a scuola o in DAD è compresso perché vuole farsi vedere all’altezza degli altri suoi compagni. Il suo sforzo è enorme.
Il suo sforzo è causato dalla società, da quello che gli altri si aspettano da lei.
Il suo sforzo è non far vedere che è autistica.
Ma non è giusto!
Non è lei che si deve sforzare, è il resto del mondo che deve capire che l’umanità è fatta di sfumature.
Quindi DAD… croce od opportunità?
La mia risposta è assolutamente opportunità, ma anche una pesante croce da portare sulle spalle!
Il fatto di poter seguire meglio Giulia per noi è ovviamente un grande vantaggio, ma l’uomo è un animale sociale e abbiamo bisogno di vivere in presenza e non solo in digitale.
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